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Effetto Pancine

12/3/2020

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Vi è mai capitato di trovarvi nel bel mezzo di una discussione con un gruppo di persone e sentirvi attaccare nonostante abbiate ragione? A me è capitato spesso, soprattutto sui social, ma occasionalmente anche nella vita reale. È una sensazione strana, oserei dire brutta per via del senso di impotenza di fronte al fatto che non è facile, se non impossibile, far vedere un altro punto di vista a queste persone.
È un aspetto della vita che ho voluto introdurre ne “La giara delle imperfezioni”. Quando Scott si trasferisce nel piccolo paesino, lo fa con la mentalità della grande città, New York, abituato ad avere a che fare con così tante culture diverse che è normale non scandalizzarsi se si vede qualcosa di “strano” in giro per strada. Quando però si ritrova ad affrontare gli ambienti della scuola capisce subito che ci sono regole non scritte, giuste o sbagliate che siano, che deve imparare perché non viene accettata nessuna trasgressione.
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Photo by Markus Spiske on Unsplash
È un po’ l’effetto che si ha nei gruppi delle “pancine”. “Il signor distruggere”, con i suoi post rubati dai gruppi delle mamme in dolce attesa, ha scoperchiato un fenomeno che è da un lato preoccupante, ma dall’altro spiega i meccanismi di autodifesa dei gruppi estremisti di persone. Non so se avete mai letto i post e le varie risposte che Vincenzo Maisto, conosciuto come “Il signor distruggere”, riesce a rubare da questi gruppi di Facebook, una cosa è subito evidente agli occhi di tutti: le regole sono molto ferree, sia per quanto riguarda i post che le risposte, e chiunque non le rispetti viene cacciato senza nessuna possibilità di spiegare. Qualsiasi persona che la pensa in maniera diversa e lo fa notare, viene subito aggredita con toni pesanti e bannata dalla conversazione e dal gruppo. Il motto che ogni post recita è “Niente critiche, solo complimenti”.
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Photo by George Pagan III on Unsplash
È chiaro che “l’effetto pancina” ha uno scopo ben preciso: quello di proteggere una comunità dove i principi e i valori trasmessi sono da difendere senza mai metterli in discussione. Questo post non è per discutere se questi principi siano giusti o sbagliati, ma per soffermarci su un fenomeno che riguarda non solo le pancine e che i social aiutano ad amplificare esponenzialmente su scala
nazionale (e internazionale): la difesa del branco. I social hanno semplicemente portato alla luce comportamenti che l’uomo adotta da sempre per difendere la comunità in cui vive da minacce esterne.
Sui social come spesso nella vita reale, si attacca per non essere attaccati. Non serve che ci sia una vera e propria aggressione fisica o verbale, basta adottare un atteggiamento che isola la persona con le idee diverse, in modo da rendere quelle stesse opinioni inoffensive, che non attecchiscano nella comunità che si cerca di proteggere. Idee, atteggiamenti, orientamento sessuale o religioso, non fa differenza, quando c’è un potere forte che riesce a convincere gli altri che quella cosa è sbagliata, tutto il resto del gruppo lo segue. 
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Photo by Zdeněk Macháček on Unsplash
Chi fa la voce più grossa e riesce a sovrastare gli altri ha vinto, trascinando con sé tutto il resto del gruppo, quelli che preferiscono non immischiarsi, quelli che tendono a non prendere una parte precisa ma “si adattano” a quello che decide la maggioranza. Non importa che quegli ideali non li condivida pienamente o che abbia più di qualche dubbio, per non incappare nell’ira, o semplicemente nell’isolamento all’interno della comunità, si adatta.
È quello che capita a Josh e Daisy, macchiati di peccati di cui non hanno colpa, sono isolati dal resto del paese. Le persone che aggrediscono fisicamente Josh sono cinque, sempre gli stessi per anni, non è tutta la comunità. Sono però figli di gente importante del posto e sono abituati a farla franca sempre perché, appunto, le persone preferiscono non immischiarsi per non rischiare di fare la fine di Josh e Daisy.
Chiunque sia esterno alla comunità e cerca di cambiare le cose, anche solo intervenendo in difesa di chi è aggredito, viene punito e isolato. A Scott succede proprio questo: viene picchiato dagli stessi cinque ragazzi e rimproverato dal preside che “minaccia provvedimenti”. Scott in questo caso è la minaccia esterna a quella comunità. Tutti odiano Scott e lo vogliono cacciare? No, ma non conta, secondo l’opinione della comunità Scott deve rispettare le regole oppure può andare a insegnare in un altro stato, senza portare scompiglio nella comunità.
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Photo by Markus Spiske on Unsplash
Se le cose stanno davvero così allora quelle comunità, quei comportamenti, non cambieranno mai? No, ma ci vuole tempo. Bisogna far capire ai ragazzi che diventeranno in futuro dei leader, che discriminare, isolare, aggredire, non è la soluzione. Bisogna insegnare loro ad avere comportamenti civili, ad ascoltare di più e discutere di meno, ad andare incontro alle idee delle altre persone e non abbarbicarsi dietro le proprie senza conoscere se lì fuori c’è altro. La società si può cambiare, può migliorare, ma ci vuole tempo e l’impegno di chi cresce le nuove generazioni.

Grazie per essere arrivato a leggere fin qui, significa che hai apprezzato l’articolo e questo mi fa molto piacere. Se vuoi saperne di più su quello che penso e quello che puoi trovare nei miei libri, iscriviti alla newsletter, per ricevere altre notizie. Niente spam, promesso.
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    Autore

    Scrittrice e aspirante sceneggiatrice, appassionata di serie televisive e musica dal vivo. Vive a Seattle e non perde occasione di uscire per scoprire nuovi talenti tra gli artisti di strada. Quando piove è una lettrice compulsiva e scrittrice seriale di fanfiction.

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